STAMPA 3D DI DISPOSITIVI MEDICI E ORGANI ARTIFICIALI: REALTÀ E SUGGESTIONI

La stampa 3D è una tecnologia per fabbricare oggetti attraverso la produzione additiva, ovvero con l’aggiunta di materiale strato per strato, partendo da modelli tridimensionali digitali. Promette di rivoluzionare molti ambiti, tra cui quello medicale, dato che potrebbe offrire elevata flessibilità per la fabbricazione di dispostivi medici e organi artificiali. Tuttavia, le altissime aspettative della stampa 3D si scontrano con una serie di limitazioni che occorre superare e che rendono il 3D printing un successo dichiarato ma non comprovato.

Guardando al presente, la stampa 3D ha già applicazioni in odontoiatria. Un laboratorio odontotecnico attrezzato può, infatti, realizzare corone, ponti e altre protesi su misura per il paziente con un notevole risparmio in termini di tempo. La produzione additiva può essere utile anche per ricostruire parti del corpo a seguito di un incidente: nel 2013, la Food and Drugs Administration americana ha approvato l’utilizzo di un dispositivo craniale paziente-specifico della Oxford Performance Materials, Inc. disegnato a computer sulla base di una tomografia computerizzata. L’operazione ha permesso di ricostruire il 75% del cranio del paziente e l’azienda ha ricevuto successive approvazioni per dispositivi per la ricostruzione facciale stampati tridimensionalmente. La modellazione 3D è utile anche per la pianificazione di interventi, come nei prototipi di strutture ossee realizzate dal gruppo di ricerca italiano guidato da Nicola Bizzotto, o per l’analisi forense per le ricostruzioni del cranio e della faccia delle vittime. Nel 2010, è stato proposto l’uso del 3D printing per prevedere, a scopo educativo, l’aspetto di un bambino che deve ancora nascere per simulare la presenza o l’assenza di deformità. Il futuro promette di sfruttare il 3D printing per la stampa di tessuti e organi, ma nella maggior parte dei casi si tratta di tecnologie e dispositivi in fase preclinica.

La stampa 3D di organi artificiali deve superare alcuni limiti prima di diventare la nuova frontiera dei dispositivi medici. Innanzitutto, lo scaffold di sostegno deve possedere sufficiente forza meccanica per essere impiantato nel corpo, dev’essere vascolarizzato con successo ed essere dotato di una risoluzione spaziale e una struttura interna necessarie per funzionare in quanto tessuto. Gli ostacoli esistono anche da un punto di vista normativo: sia in America che in Europa, il regolamento sui dispositivi medici ha regole rigide per garantire la sicurezza e la prestazione dei vari prodotti medicali. Tutto questo si scontra con il più grande vantaggio della stampa 3D: la flessibilità. I dispositivi realizzati con 3D printing possono essere altamente personalizzati, ma questo si concilia male con un sistema che prevede, in linea generale, l’impossibilità di cambiare il progetto di base di un prodotto certificato. Servono nuove regole per garantire la riproducibilità, la sterilità e, non meno importanti, sicurezza e prestazioni, dei dispositivi medici che derivano dalla stampa 3D. In futuro, potrebbe anche accadere che l’autorizzazione all’utilizzo di un organo artificiale o un dispositivo medico stampato in sala operatoria dipenda da un comitato etico e non dagli enti regolatori nazionali. In questo caso, però, sarà importante distinguere tra ricerca e trattamento medico. Disegnare un dispositivo su misura per un paziente in gravi condizioni e uscire dai confini dello stato dell’arte può essere considerata pratica medica e non sperimentazione. Tuttavia, mentre l’utilizzo di protesi odontotecniche stampate tridimensionalmente avrebbero minori implicazioni regolatorie, le procedure più aggressive che sfruttano il 3D printing sottoporrebbero i pazienti a procedure in circostanze non controllate dall’esito incerto. Infine, possono sorgere nuovi dilemmi etici, oggi di difficile previsione. Ad esempio, cosa succederebbe se la previsione della modellazione di feti sani non ancora nati fosse strumentalizzata per persuadere una madre contro l’aborto?

Il premio Nobel per la letteratura Kazuo Ishiguro ipotizzò nel suo celebre romanzo Never Let Me Go (Non lasciarmi, in italiano) una modalità attraverso cui l’uomo sopperiva al fabbisogno di organi per la donazione: l’utilizzo di cloni biologici, creati ad uso esclusivo ed egoistico per garantire la vita agli esseri umani nati da genitori. La storia è attenta nell’osservare due fenomeni; il primo consiste nella necessità di trovare una soluzione alle liste dei trapianti: ogni anno, solo negli Stati Uniti, ci sono più di centomila pazienti in lista d’attesa per ricevere un organo e, ogni giorno, si contano circa venti decessi per mancanza di donatore. Il sovrappopolamento e le abitudini del mondo occidentale portano questi numeri in costante aumento. L’altro fenomeno è il fondamentale individualismo che porta l’uomo a preoccuparsi solo del proprio benessere che può deviare la scienza con spinte positivistiche e senza freni etici.

Naturalmente, la fantascienza è una distorsione e fallisce nel prevedere il futuro, ma analizza con lucidità il presente. In futuro, la stampa di organi artificiali potrebbe diventare la nuova frontiera dell’uso medico della stampa additiva, ma siamo ancora lontani da quei giorni. Nel 2011, il chirurgo Anthony Atala della Wake Forest University descrisse in un TED talk uno studio preliminare sulla rigenerazione d’organo, mostrando una matrice stampata con bio-inchiostro con la forma di un rene. Alcuni giornalisti hanno riportato la notizia, scientificamente scorretta, del primo rene artificiale in grado di essere impiantato e funzionare. L’entusiasmo e l’imprecisione dei media, negli anni, hanno generato hype smodato nei confronti della tecnologia del 3D printing, che oggi si ritrova in uno picco di aspettative inflazionate che non possono essere realisticamente soddisfatte e rischiano di deludere, e conseguentemente inficiare la ricerca e lo sviluppo di una tecnologia promettente.

La consolazione è che, oggi, l’uso di scaffold per la medicina rigenerativa e l’ingegneria dei tessuti sfrutta tecnologie di successo, come ad esempio la produzione sottrattiva: un po’ l’opposto della stampa 3D, con cui è possibile – per sottrazione – ottenere matrici da blocchi di materia prima, ad esempio con la decellularizzazione di tessuti animali. In Tiss’You, questo processo viene effettuato con EstRem, una reazione di trans-esterificazione in grado di fornire matrici d’osso eterologo perfettamente compatibili con l’uomo.